Analisi delle implicazioni della nuova manovra finanziaria e delle sfide nel raggiungere la soglia minima di pensione anticipata contributiva.
Pensioni 2025: un aiuto dal governo per l’uscita anticipata
La legge di Bilancio non ha portato significativi incentivi per il pensionamento anticipato, ma finalmente possiamo valutare con chiarezza le implicazioni della manovra finanziaria del governo. Dopo l’approvazione definitiva da parte della Camera dei Deputati il 20 dicembre, le possibilità di modifica sono ormai un capitolo chiuso. Così, con sguardo più saldo, esaminiamo le novità che riguardano la pensione anticipata contributiva a 64 anni di età per il 2025.
La novità della pensione a 64 anni
Immagina di essere Piera, una lavoratrice che nel 2025 compirà 64 anni. Hai più di 20 anni di contributi, ma tutti maturati dopo il 1996, il che ti rende parte del sistema contributivo. Dinanzi alla nuova legge, ti chiedi come la pensione a 64 anni possa influire sulla tua situazione, soprattutto quando si parla di previdenza complementare in cui hai investito dal 2011.
Questa riforma sulle pensioni anticipate è un piccolo passo che pare gettare un’ombra più lunga di quanto concretamente estenda. Sebbene possa sembrare relativamente facile accedere a questo beneficio, la realtà è che non allargherà significativamente la platea dei beneficiari almeno per l’anno 2025. Piuttosto, l’intento sembra propendere a rinforzare il ricorso ai fondi pensione integrativi, più che a facilitare un conveniente pensionamento anticipato.
Sfide della previdenza complementare
La chiave della pensione anticipata contributiva risiede nel raggiungimento di un importo minimo mensile, una soglia che spesso si rivela quasi impossibile da superare. Anche se il governo ha concesso di includere nel calcolo anche i contributi versati ai fondi integrativi, l’accesso resta limitato a una cerchia ristretta di persone.
Quanti effettivamente hanno accumulato abbastanza da garantire una pensione di 1.600 euro al mese, sommando l’apporto dell’INPS e delle forme integrative? È questa la vera domanda. L’apertura all’uscita anticipata a 64 anni non cambia il fatto che il requisito di “soli 20 anni di versamenti” continua a presentare un forte ostacolo.
Il paradosso dei versamenti ridotti
Nella vita reale, pochissime persone riescono a ritrovarsi in una situazione ideale per poter approfittare di questa normativa. Ad eccezione di figure con retribuzioni molto elevate, in generale, chi ha solo 20 anni di contributi potrebbe avere una pensione che si aggira intorno ai 700 euro mensili. Con la nuova legge, si richiede che l’integrazione offerta dalla previdenza complementare colmi la differenza necessario per arrivare a 1.600 euro: quindi, un surplus di 900-1.000 euro.
Arrivare a tali livelli di integrazione non è impresa da poco. Significherebbe aver fatto versamenti consistenti o essersi affidati ai fondi pensione integrativi per periodi molto lunghi. Eppure, chi mai con uno stipendio basso, e presumibilmente un potere d’acquisto limitato, sarebbe in grado di destinare somme ingenti per garantire un tale incremento pensionistico?