Un’anomalia normativa rischia di lasciare migliaia di lavoratori senza pensione per un periodo di tre mesi. La CGIL solleva l’allarme su un problema che potrebbe avere gravi conseguenze per chi è in prepensionamento.

Il governo è sollecitato a evitare un vuoto normativo che minaccia di lasciare senza trattamento previdenziale molti lavoratori in prepensionamento. La denuncia arriva dalla CGIL e riguarda in particolare coloro che hanno usufruito degli scivoli aziendali negli ultimi anni. Questi strumenti, frutto di accordi tra aziende e sindacati, combinano pensioni anticipate e incentivi all’esodo per gestire i esuberi di personale, accompagnando i lavoratori verso la pensione.
I lavoratori coinvolti si trovano in situazioni delicatissime e rischiano di restare senza alcun sostegno economico per tre mesi. Uno studio della CGIL sottolinea come questa precarietà sia dovuta a un’anomalia nelle norme pensionistiche che potrebbe interessare anche coloro che utilizzano l’Ape Sociale, altra misura di prepensionamento.
La Minaccia del Vuoto Pensionistico
Secondo lo studio della CGIL, le misure come l’Isopensione e il contratto di espansione, pur con anticipi differenti, puntano a gestire esuberi aziendali guidando i lavoratori verso un’uscita anticipata rispetto all’età ordinaria per la pensione. L’isopensione può anticipare l’uscita fino a 7 anni, per coloro che hanno raggiunto almeno 60 anni di età o accumulato 35-36 anni di contributi. Il contratto di espansione abbassa questo a un anticipo di massimo 5 anni, puntando su lavoratori che abbiano compiuto almeno 62 anni o accumulato 37-38 anni di contribuzione.
Queste misure funzionano come un ponte, portando gradualmente i lavoratori dall’INPS verso la vera e propria pensione di vecchiaia. Tuttavia, il passaggio presenta un’intoppo: con il raggiungimento dell’età pensionabile, il lavoratore passa dalla gestione da parte dell’INPS finanziata dall’azienda alla pensione ordinaria. L’Ape Sociale si interrompe similmente quando si raggiunge l’età pensionabile, ma non coinvolge sindacati o aziende nel processo.
L’Innalzamento dell’età Pensionabile
Il rischio di un vuoto pensionistico nasce dalla possibilità, paventata dall’Osservatorio Previdenza della CGIL, che l’età pensionabile aumenti da 67 a 67 anni e 3 mesi, a partire dal 2027, complice l’allungamento dell’aspettativa di vita. Mentre l’Ape Sociale, governata internamente dall’INPS, non subirebbe modifiche nel suo schema, l’età pensionabile variabile complicherebbe le misure dell’isopensione e dei contratti di espansione, vincolati da accordi sindacali finanziati dall’azienda.
Se l’età pensionabile venisse allungata, ci sarebbero 3 mesi di prestazioni aggiuntive da finanziare, non previste nei contratti originari. La CGIL mette in guardia: a 67 anni cessano i trattamenti di prepensionamento, ma senza una normativa adeguata, la pensione comincerà solo 3 mesi dopo. Le stime prevedono che il problema potrebbe interessare circa 44.000 lavoratori.
Potenziali Soluzioni per un Intervento Immediato
La CGIL preme per un intervento governativo immediato e presenta una serie di soluzioni. Una proposta sarebbe evitare l’aumento dell’età pensionabile congelando il parametro a 67 anni per i lavoratori in scivolo e simili. Un’altra soluzione più diretta implicherebbe il blocco del previsto incremento dei 3 mesi, evitando così ogni variazione nei requisiti anagrafici.
Il ministro dell’Economia, Giorgetti, aveva già accennato a una riflessione in questa direzione, dopo che la CGIL aveva criticato l’INPS per aver già aggiornato i calcolatori pensionistici con l’aumento dei 3 mesi, senza un decreto ufficiale. Infatti, tale allungamento richiederebbe un decreto governativo che tenga conto dell’aspettativa di vita della popolazione. L’intervento normativo è dunque cruciale e urgente: senza di esso, si rischia di spingere migliaia di lavoratori in un limbo di tre mesi, senza reddito, nel passaggio dalla misura di prepensionamento alla pensione di vecchiaia.